DOLORE

DI CLAUDIA SABA

 

Dolore.
Si respira ovunque.
Nella vita quotidiana di ognuno ormai condizionata dagli orrori di questi giorni.
Ma che senso ha scagliarci uno contro l’altro?
Diventare noi violenti
per dire che “siamo contro la violenza?”.
Un controsenso!
Siamo così presi a dare ragione a destra o a manca da non vedere che pian piano stiamo diventando noi, quelli che vorremmo pace, violenti oltre misura.
Ma la violenza porta dolore a chi lo riceve.
Porta dolore a chi la subisce.
Porta vendetta.
E porta a considerare normale ciò che normale non è.
Ci si abitua facilmente alla violenza.
Che sia verbale, fisica, psicologica, con il tempo diventa normalità.
È quello che sta accadendo.
Stiamo normalizzando la violenza, lo scontro e il dolore, inevitabile, come diretta conseguenza.
La violenza si combatte con il dialogo, con il confronto.
Si combatte ascoltando l’altro senza aggredirlo prima ancora
di aver potuto esporre la propria idea.
Ci stiamo lasciando condizionare dalle immagini, dalla cattiva comunicazione, dal pregiudizio…
Ecco, il pregiudizio è il vero male.
Un paletto alla libertà di pensiero che causa dolore e violenza.
Svegliamoci, ascoltiamo senza giudicare a priori.
Senza farci condizionare, scadendo nel pensiero unico che atrofizza il cervello.
E diventa dittatura.
Solo la libertà è colorata da una molteplicità di idee.
Si chiama democrazia.
E non ha bisogno di “armi”.
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Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "«Solo dei cervelli poco sviluppati, nel terzo millennio, possono pensare alla guerra come uno strumento accettabile per la risoluzione dei conflitti.» Gino Strada"