DATI ISTAT. A MARZO BRUSCA ACCELERAZIONE DELL’INFLAZIONE: 6,7%

DI VIRGINIA MURRU

 

Nulla dovrebbe stupire ormai con un conflitto in atto in Europa e una pandemia tutt’altro che ‘domata’, quando a livello globale si marcia in doppia emergenza. Eppure, l’inflazione che era stata data fino a poco tempo fa per morta, e che da un anno a questa parte schizza su valori che non si vedevano dal 1991, a questo punto allarma, e non poco.

E non solo gli italiani, i tedeschi e gli spagnoli sono in graticola anche più di noi su questo versante, dato che in Germania siamo al 7,3% e in Spagna addirittura al 9,8%. Le ragioni non sono dietro le incognite della congiuntura economica, sono legate a doppia mandata alla guerra in Ucraina che sta causando un impatto piuttosto pesante, date le implicazioni dovute alla dipendenza sul piano energetico dalla Russia.

E siamo alla terza emergenza, quella energetica, appunto. In Europa (e non solo), chi più chi meno, siamo ‘russo dipendenti’, legati come siamo, per quel che riguarda le forniture di gas, agli umori del Cremlino, che in questo momento non è propriamente dei migliori, avendo per ovvie ragioni il dente avvelenato nei confronti delle ‘Nazioni ostili’, ovvero l’Occidente, in questo caso i paesi dell’Ue.

Intanto addio alle stime di crescita del Pil, soprattutto in area euro, che solo pochi mesi fa viaggiavano su prospettive di ripresa, dopo avere superato la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, e la conseguente flessione economica che ne era scaturita.

Il fenomeno inflattivo sta caratterizzando l’andamento dell’economia in diversi paesi europei. I dati dell’inflazione in Spagna sono andati davvero oltre le stime: il 9,8% su base annua è considerato ‘impressionante’, lo affermano alla Oxford Economics. I prezzi al consumo sono letteralmente impazziti. Si tratta del più alto aumento mensile in circa 30 anni di dati disponibili, secondo gli esperti.

E di certo, come si accennava, non esulta la Germania, dove la crescita dei prezzi al consumo ha raggiunto il 7,3% (sempre su base annua), secondo le rilevazioni di marzo. Come sta accadendo un po’ ovunque, a spingere al rialzo l’indice generale è la componente energia, i cui prezzi, a marzo, sono balzati a più 39,5% su base annua (a febbraio si era a  +22,5%).

E così di questo passo la Germania si prepara, secondo le ultime notizie, a ridurre la dipendenza dal fronte russo, per quel che concerne le forniture di gas naturale. Putin, del resto, con il suo ultimatum, non lascia alternative ai paesi europei, che sono forzati ora a pagare in rubli, non più in euro.

A nulla sono servite le proteste di Francia e Germania, e nemmeno quelle del G7, nel fare notare al Cremlino che nei contratti di fornitura è scritto nero su bianco che i pagamenti sono stati stabiliti in euro, non in divisa russa. Ma a Putin una rivalsa verso i paesi considerati ostili, sembra un atto dovuto, visto i suoi scarsi successi sul fronte ucraino, e gli elementi di disturbo alle sue mire espansionistiche, rappresentati proprio da un Occidente che lo ha bersagliato di sanzioni.

Le notizie al riguardo vengono aggiornate di ora in ora, al Cremlino sulla questione ‘saldo in rubli’, oggetto del contendere nella diatriba con i paesi europei interessati all’importazione di gas naturale, si corregge il tiro, con qualche concessione sui tempi e le modalità di pagamenti, ma Putin resta intransigente sul fatto che debbano essere eseguiti in rubli.

Potrebbe non finire bene per gli interessi di Mosca, dato che l’Europa si sta già attivando per trovare fonti alternative, e non dipendere più dalla Russia.

Ma intanto l’inflazione continua ad essere il segnale lampeggiante di una crisi scatenata proprio dal conflitto in Ucraina, che rischia di creare fenomeni recessivi qualora i sospirati accordi di pace non dovessero essere accettati dal governo di Mosca.

L’Istat ha confermato l’aumento record dell’inflazione, che a marzo ha registrato un balzo del 6,7%. Per il 2022, secondo le rilevazioni, l’inflazione acquisita è pari a +5,3% per l’indice generale, e a +1,6% per la componente di fondo, ossia al netto degli energetici e alimentari.

Pertanto l’aumento dell’indice generale, su base congiunturale, è dovuto in gran parte ai prezzi dei beni energetici non regolamentati. In misura inferiore ai beni alimentari lavorati, beni durevoli, servizi riguardanti i trasporti.

In definitiva, secondo i dati Istat, diventa più ampio il differenziale inflazionistico, il divario tra febbraio e marzo è piuttosto allarmante.

Secondo gli esperti, tuttavia, a dare impulso all’impennata dell’inflazione non è stato solo il conflitto in Ucraina e le turbolenze create dalla pandemia negli ultimi anni, sembra che il fenomeno fosse in atto da circa un decennio, e bruciasse come fuoco sotto la cenere, senza esplodere in grandi fiammate, fino a quando non si sono allineate una serie di variabili che ne hanno accelerato il percorso.

L’inflazione, ossia, in spiccioli, la perdita del valore di acquisto del denaro, potrebbe tuttavia essere riportata in margini accettabili per l’economia europea, qualora gli eventi legati all’emergenza sanitaria rientrassero nella sfera della normalità, e gli eventi geopolitici avversi, ossia il conflitto in corso in Ucraina, fosse superato con un degno accordo di pace.

Attualmente formulare, anzi azzardare previsioni, non è possibile, troppi imprevedibili eventi restano sospesi all’incertezza, e solo tra qualche mese si potrà allontanare la foschia dalla sospirata stabilità nel vecchio continente.