I CENTO ANNI DI UGO TOGNAZZI

DI MARINO BARTOLETTI

 

Non può bastare un breve, semplice post per parlare di Ugo Tognazzi che il 23 Marzo avrebbe compiuto 100 anni (classe 1922, come Vittorio Gassman, come Pier Paolo Pasolini, ovviamente come Raimondo Vianello: e poi Ciccio Ingrassia, Francesco Rosi, Beppe Fenoglio, Jack Kerouac, Pierre Cardin, Margherita Hack, Enrico Berlinguer, Don Giussiani…. insomma un’annata discreta).
Dei cinque cavalieri della commedia all’italiana è stato quello che probabilmente ha toccato le corde più drammatiche, pur provenendo più “dal basso” di tutti gli altri, cioè dalle tavole periferiche dell’avanspettacolo (dove faceva coppia con Domenico Luzzara, poi diventato presidente della Cremonese).
Scrivo cinque titoli di film e non aggiungo altro, voi potete pescare fra gli altri 150 (e ce ne sono di altrettanto significativi): “I mostri”, “Nel nome del popolo italiano”, “Romanzo popolare”, “Il vizietto”, “Amici miei”. La sua “supercazzola” (mai attuale come adesso) vale da sola il romanzo di una vita. L’unico premio internazionale lo vinse a Cannes per un altro (doloroso) capolavoro: “La tragedia di uomo ridicolo”. Anche quando gli toccò di “raccontare” il calcio (“Ultimo minuto” di Pupi Avati) lo fece con una tale drammatica leggerezza che – per tanti motivi – mi commosse.
Ha lavorato con il gotha dei registi più grandi. ​ A teatro ha dato del tu a Moliere. È stato uno dei fondatori della televisione italiana che a un certo punto gli è andata troppo stretta. Non ha mai rifiutato la beffa più spinta, come quando sorrise della spiazzante e terribile burla de “Il male” che lo sbatté in prima pagina come capo delle “Brigate Rosse” (e vi assicuro che non era facile “sorridere” di quell’argomento). Ha recitato la cialtroneria e l’umanità, la codardia e il coraggio, l’allegria e la tragedia: è stato prete e demonio, buffone e Uomo.
È morto tristissimo e dimenticato dal grande cinema. Pazzesco!
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