ZELENSKY AL PARLAMENTO ITALIANO

DI NICOLA FRATOIANNI

 

Ho ascoltato con attenzione le parole del Presidente ucraino Zelensky, poco fa in collegamento a Montecitorio.
A differenza di quanto accaduto in altre occasioni recenti, mi pare che il Presidente Zelensky abbia voluto mandare un messaggio diverso. Non ha rinnovato la richiesta di una no-fly zone sui cieli dell’Ucraina, non ha indugiato in paragoni con la storia del nostro Paese, né ha richiesto l’invio di nuove armi.
Ha mostrato piuttosto grande apertura alla necessità della diplomazia e della mediazione, ha chiesto un aumento delle sanzioni contro Putin e i suoi oligarchi e ha ricordato come questa guerra sia volontà di una sola persona, non del popolo russo.
Sono ormai settimane che continuiamo a ribadire due cose: innanzitutto, che non ci sono dubbi fra chi sia l’aggressore e chi gli aggrediti. E che abbiamo il dovere morale di stare con gli aggrediti, e quindi con l’Ucraina.
E in secondo luogo, che il modo migliore per far terminare il massacro dei cittadini ucraini è quello di atti diplomatici forti, accompagnati da sanzioni vere alla Russia e agli oligarchi.
E per queste ragioni ci prendiamo le invettive di interventisti da divano e pacifisti con l’elmetto.
Quello che invece mi ha stupito sono state le parole del Presidente Draghi, che non ha perso l’occasione di ribadire la necessità dell’invio di nuovi armamenti nel conflitto. Parole che parlano la lingua della guerra, certo non della Pace. Parola che, non a caso, non è mai comparsa nel suo discorso.