EMERGENZA ENERGIA. PRONTI 85 MLD DA INVESTIRE NEI PROSSIMI 3 ANNI

 

DI VIRGINIA MURRU

 

L’Europa vive un’altra emergenza di carattere geopolitico, come non fosse abbastanza la pandemia ancora in corso, una delle più drammatiche, forse anche più di quella sanitaria. Si lotta ogni giorno attraverso i canali diplomatici per evitare una escalation che rischia continuamente di sfuggire al controllo del buon senso e deragliare in uno scontro più serio, che coinvolge l’Ue e l’Alleanza Atlantica.

Nel tentativo di fermare il conflitto in Ucraina, e indurre la Russia a porre fine al tragico scontro armato, i Paesi della Nato, non potendo intervenire militarmente, hanno adottato strategie economiche tramite durissime sanzioni ai danni del Cremlino, anche se finora non sembra che Putin se ne sia curato eccessivamente.

A seguito delle sanzioni, l’Europa sta facendo i conti con un’emergenza energetica senza precedenti, dato che in gran parte dipende dalle forniture di gas proprio dalla Russia, e le soluzioni sono tutt’altro che semplici, anche se una strada da percorrere è stata già tracciata.

La sicurezza energetica, soprattutto per Italia e Germania, è tra le priorità assolute in questo momento di grandi incertezze e instabilità. Per risolvere i problemi strutturali dovuti alla crisi del settore, Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità futura, nel corso della conferenza stampa che ha avuto luogo a Milano nei giorni scorsi, ha invitato l’esecutivo e le Regioni di mettere in atto una strategia straordinaria per quel che concerne gli iter autorizzativi relativi ad investimenti che si aggirano intorno agli 85 miliardi di euro.

Ossia di rilasciare entro il prossimo giugno, le autorizzazioni per 60 GW di impianti rinnovabili, che sarebbero pari solo ad un terzo delle richieste di allaccio già inoltrate a Terna (Società italiana operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, quotata nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana).

Questo intervento strutturale consentirebbe al Paese di tagliare circa il 20% delle importazioni di gas dall’estero, il cui risparmio, in termini di costi, sarebbe pari a 27 mld l’anno. Con questi investimenti si renderebbe sicuro un settore chiave dell’economia italiana, garantendo nel contempo l’indipendenza energetica, e riducendo anche in modo drastico il costo delle bollette sulle forniture di elettricità.

Gli investimenti sarebbero inoltre in grado di contribuire all’aumento del tasso di occupazione, tramite la creazione di circa 80 mila nuovi posti di lavoro, dunque con un evidente slancio all’economia.

In concreto, 60 GW, porterebbero al risparmio di 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno, che corrisponde, come già accennato, al 20% del gas d’importazione. E in spiccioli sarebbe oltre 7 volte in più di quello che il Governo potrebbe ricavare dall’estrazione diretta di gas nel territorio nazionale – secondo le affermazioni di Re Rebaudengo.

Alla conferenza stampa svoltasi a Milano hanno partecipato diversi esperti del settore, i quali hanno dichiarato di essere ‘pronti a lavorare con il Governo per individuare le misure straordinarie per il raggiungimento dell’obiettivo di 60 GW di nuovi impianti rinnovabili.’

Un ulteriore incentivo derivante da questi investimenti riguarderebbe la crescita della produzione di biometano, che passerebbe da 1 miliardo di metri cubi a ben 10 miliardi, semplicemente tramite l’utilizzo della frazione organica dei rifiuti urbani, agricoli e industriali.

Con i 60 GW di nuove rinnovabili, si pensa a 12 di eolico, idroelettrico, bioenergie e il resto, ovvero 48 GW, deriverebbero dal fotovoltaico, il quale ha necessità per entrare in produzione, di 48 mila ettari.

In Italia, tuttavia, c’è abbondanza di risorse idriche, in particolare nelle regioni del Nord, vento e sole in quelle del Sud, pertanto questo è un Paese ideale per l’utilizzo di fonti rinnovabili.

L’Italia, però, in termini di burocrazia è il più ostico d’Europa, da nessun’altra parte esistono così tanti cavilli per l’autorizzazione di nuovi impianti, si tratta di un iter contorto che richiede in media 7 anni, mentre la normativa al riguardo prevede 1 anno.