LA GUERRA ERA FINITA DA POCO…

DI ANTONELLA PAVASILI

 

Questa foto mi è particolarmente cara.
È stata scattata in Eritrea nel 1949, ritrae i miei nonni paterni e mio padre.
Ritrae, soprattutto, la felicità.
In questa foto c’è una storia di speranza che voglio raccontare proprio in questi giorni drammatici.
Mio nonno Nino era in Africa per combattere quella guerra che tutti abbiamo studiato.
Era partito dal suo paesino a metà degli anni ‘30 lasciando a casa la nonna e due figli, lo zio Nicola e la zia Felicia.
Tornò in licenza una sola volta, nel marzo 1939.
E, una sola volta, riuscì a incontrare la nonna.
In quell’unico incontro venne concepito mio padre.
Poi il nonno ripartì e, pochi mesi dopo, scoppiò la terribile seconda guerra mondiale.
Mio padre nacque l’8 dicembre 1939, mentre suo padre era in Africa.
Visse gli anni della guerra, i suoi primi anni di vita, con la sua famiglia smembrata in quel minuscolo paesino siciliano dove era nato immaginando il suo papà e aspettando di conoscerlo.
Di quegli anni di guerra raccontava poco, molto poco.
Raccontava di quando si nascondeva sotto le gonne di sua nonna Rosaria, a cicirara, perché aveva paura dei soldati e raccontava spesso, chissà perché, il giorno della sua prima comunione e l’umiliazione di essersi presentato all’appuntamento con Gesù coi calzoncini corti perché non aveva pantaloni lunghi e di aver mentito al prete dicendogli che i pantaloni lunghi si erano sporcati perché ci aveva rovesciato sopra il latte.
La nonna Giovanna della guerra parlava ancora meno.
La teneva a distanza con una sorta di sprezzante alterigia limitandosi a dire che la guerra combattuta dalle donne era ancora più feroce di quella combattuta dai soldati e che per difendersi non bastava essere forti ma occorreva anche tanto coraggio e tanta fortuna.
Non ho mai approfondito, ma penso di aver capito ciò che non ho mai voluto sapere.
Poi anche la seconda guerra mondiale finì.
Perché tutte le guerre finiscono prima o poi, anche quelle più schifose.
E così nel 1946, appena possibile, la nonna Giovanna con la sua stupenda dignità e i suoi figli si imbarcò e raggiunse il nonno in Eritrea.
Laggiù, in un mondo che provava a risorgere, mio padre, che aveva già sette anni, vide per la prima volta suo padre.
Di quell’incontro faticava a raccontarne l’emozione limitandosi a dire che gli sembrò un gigante, ancora più grande di come se lo immaginava.
Laggiù mio padre assaggiò la felicità.
Ne assaporò il gusto, ne inalò l’effluvio che per sempre, nella sua vita, avrebbe avuto l’immagine della sua famiglia.
La vita non fu tenera con loro, la favola durò troppo poco.
Ma questa è un’altra storia.
La storia della foto è invece una storia di speranza.
È la storia di una famiglia che visse la guerra ma che riuscì a sopravvivervi.
È una piccola pagina del grande libro di una guerra orribile.
Che però finì.
Perché tutte le guerre, anche quelle più schifose, prima o poi finiscono.
Peccato che non riusciamo mai ad imparare la lezione.
Perché siamo così.
Piccoli umani che acciuffano brandelli di felicità.
Felicità…come quella che vedo in questa meravigliosa foto.