IL GRANDE CORRUTTORE

DI MASSIMO RIBAUDO

 

Ieri non ho volutamente partecipato al dolore “social” per la prematura e triste scomparsa del Presidente del Parlamento europeo David Sassoli.
Mi spiace molto per lui e per la sua famiglia, ovviamente. David Sassoli ha fatto bene il suo lavoro. Come giornalista e come politico. Merita tutto l’abbraccio collettivo dei suoi amici e dei suoi colleghi.
Pensiamoci: la sua è, o dovrebbe essere, la NORMALITA’. Fare il giornalista e il politico è quella cosa lì, che ha fatto lui con entusiasmo, visione ideale, competenza e correttezza.
Nessuna santificazione. Dolore, commozione, certo.
Ma si lavora, o si dovrebbe lavorare, così.
La preoccupazione è invece per la perversa “normalità” della cultura politica italiana, che è anni luce lontana dalla cifra umana e professionale di Sassoli.
E sì. Ieri abbiamo esaltato “un uomo buono e un amico” (come dalle parole della sinceramente commossa e partecipe Ursula von der Leyen).
Oggi assistiamo al tentativo di “scalata ostile” alla carica di Presidente della Repubblica da parte del politico italiano che ha corrotto tutto il sistema, che ha mutato il concetto di “normalità” in politica: Silvio Berlusconi.
Siamo nell’assurdo e nella schizofrenia.
Non si dovrebbe neppure pensare a Berlusconi come Presidente della Repubblica.
Tra le varie funzioni che la Presidenza della Repubblica ha c’è quella di capo delle Forze armate. C’è quella di vertice del Consiglio Superiore della Magistratura.
C’è la suprema funzione di garante dell’UNITA’ NAZIONALE.
Solo questi tre elementi basterebbero a rendere l’idea di totale e assoluta irricevibilità della candidatura di Berlusconi al Quirinale.
E questo mi riporta al 1993, quando mi chiesero un parere sulla candidabilità alle elezioni politiche di Silvio Berlusconi.
“E’ assolutamente incandidabile e ineleggibile”, dissi (e dimostrai giuridicamente). Firmai la mia condanna a morte sociale, ovviamente.
Le cose, come prevedevo, andarono male.
Stavolta andranno anche molto peggio.
Riposa in pace, tu che puoi, David Sassoli.
Qui, vogliamo restare all’inferno.