“CAMPAGNA ACQUISTI PER BERLUSCONI AL QUIRINALE? UN NOME IRRICEVIBILE”

di Antonello Sette

 

Cuperlo, questa mattina il senatore Ignazio La Russa ha ribadito il voto compatto di Fratelli d’Italia per Silvio Berlusconi nelle elezioni presidenziali. Che cosa alla fine faranno Matteo Renzi e il suo manipoli di parlamentari non è, al momento, dato di sapere. La stessa cosa dicasi per gli emigrati dai Cinquestelle. Considerato tutto questo, Berlusconi al Quirinale le sembra un’ipotesi peregrina?

Questo non è dato di sapere neppure a me. Di una cosa, però, sono sicuro. Per il Pd e per tutto il campo del centrosinistra quel nome è irricevibile. Quanto al fatto che lo stesso nome sembra al momento compattare la destra e se, poi, una campagna acquisti dovesse attingere anche ad altre formazioni e ad altri gruppi, questo sinceramente non sono in grado di prevederlo.

Fra i candidati al Quirinale va annoverato anche l’attuale Presidente del Consiglio. Le chiedo di sciogliere il dilemma che aleggia. L’agenda Draghi e quella del Pd coincidono solo momentaneamente o siamo di fronte a una strategia di più lunga durata?

Draghi è il Presidente del Consiglio di un Governo di emergenza, nato dopo che una forza della vecchia maggioranza, Italia Viva, aveva ritirato la fiducia al Governo Conte bis, che noi abbiamo sostenuto. A quel punto, la scelta del Capo dello Stato è stata quella di dar vita a una nuova maggioranza di unità nazionale, che aveva, e ha, due obiettivi di fondo: il contrasto alla pandemia, con il completamento del piano di vaccinazione e l’utilizzo, con la migliore programmazione possibile, dei fondi europei del Recovery Fund. In questa maggioranza ci sono forze tra loro profondamente distanti sotto il profilo dei valori di riferimento e delle politiche, alle quali si ispirano. Pensi alle strategie fiscali e alla coesistenza in questo Governo di una forza, come il Pd, che fonda la riforma del fisco sul principio costituzionale della progressività e un’altra, come la Lega, che continua teorizzare la flat tax. Sono visioni agli antipodi, che danno la misura del carattere di emergenza di questo Governo, che può fare delle cose utili nell’interesse del Paese, come da ultimo i contenuti della manovra, ma che non può fare tutte quelle riforme che, dal nostro punto di vista, servirebbero al Paese. Un Paese, che ha dovuto affrontare negli ultimi due anni la prima pandemia della sua storia recente, con alle spalle dieci anni di una crisi economica e sociale, che ha lasciato ferite vaste e profonde. E’ evidente che l’agenda di questo Governo riflette gli equilibri di questa maggioranza ed è altrettanto evidente che noi ci batteremo nella prossima campagna elettorale per chiedere agli italiani di poter dar vita a una maggioranza, politicamente molto più omogenea, di centrosinistra, che realizzi quelle riforme che questo Governo concretamente non è in grado di realizzare.

A tal proposito, nella sua agenda dei desideri, il campo largo, prospettato dal segretario dal suo partito Enrico Letta, chi comprende?

Secondo me, quel che conta è un approccio, che parta da una lettura corretta della società italiana e dei suoi problemi. Guai a pensare che risolviamo tutto, sommando le sigle o le percentuali, che le singole forze, sulla base dei sondaggi, rivendicano. La campagna elettorale rappresenterà, da questo punto di vista, un passaggio fondamentale. Secondo me, avrà più chance di vincere la sfida del voto chi saprà mettere in campo una proposta, che parli davvero al Paese. Il campo largo, a cui penso io, ha un profilo sociale, prima ancora che il profilo delle sigle politiche, che sono oggi sulla scena. Un profilo sociale che deve ruotare intorno alle priorità, quali io considero i temi del lavoro, dei diritti sociali combinati con l’accesso alla cittadinanza, delle riforme di sistema, come quella del fisco, di un nuova funzione e di nuovo ruolo della sfera del pubblico e dello Stato, dopo che per un quarto di secolo quella funzione e quel ruolo sono stati sistematicamente degradati e delegittimati dal pensiero dominante, che voleva ridurre sempre di più la sfera pubblica, a vantaggio di un mercato che si voleva si autoregolamentasse da se. La pandemia ci ha messo di fronte a una drammatica situazione di emergenza sul fronte sanitario, che ha portato alla luce l’incapacità di quel sistema prevalente negli ultimi venti, venticinque anni, di fronteggiare la situazione, soprattutto dal punto di vista di una medicina di prossimità territoriale. Occorre un complesso di riforme e di investimenti, che dobbiamo mettere a frutto, a partire dalle alleanze che sapremo costruire nella società.

Ci vorrebbe un progetto che assomigli a quello dell’Ulivo?

Non credo che basti riproporre vecchi schemi e vecchie formule, come quelle dell’Ulivo, anche se l’Ulivo fu proprio la risposta politica delle forze che, consapevoli della sconfitta del 1994, con la prima vittoria di Berlusconi e del centrodestra, capirono di dover dar vita a una grande alleanza politica e sociale, che combinasse gli interessi del mondo del lavoro e della cultura nelle sue diverse accezioni.

Quindi, gira che ti rigira, il riferimento è comunque quello dell’Ulivo?

Il riferimento del metodo deve essere quello. Non della formula o della denominazione.

Restando al campo largo, i Cinquestelle sono ancora l’alleato preferito?

E’ improprio parlare di un alleato preferito e, comunque, non è questo il punto. I Cinquestelle sono un soggetto politico, che oggi, con la guida di Giuseppe Conte, sta completando una lunga fase di transizione, che io considero anche una fase di evoluzione e di maturazione. Stiamo parlando di un Movimento, che si affaccia sulla scena politica nazionale dieci anni fa e che, nel giro di pochissime stagioni, ottiene la maggioranza relativa dei consensi, sulla base di posizioni antieuropeiste e di totale destrutturazione del sistema politico. Quello stesso Movimento è oggi una forza di governo, che contribuisce alla stabilità del Paese e che ha un solido rapporto con l’Europa, avendo superato tutte le ambiguità che avevano caratterizzato tutta la prima fase. Con i Cinquestelle siamo alleati ormai da due anni nel Governo nazionale e, molto spesso, anche nell’ambito di quelli locali. E’ un Movimento, che sta guardando, secondo me con coerenza, nonostante le difficoltà proprie di una fase di transizione, al campo del centrosinistra. Un Movimento, che non è l’alleato preferenziale, ma sicuramente uno dei soggetti con cui costruire quel campo largo, di cui abbiamo bisogno per battere la destra.

E Renzi?

Non mi occupo di Italia Viva, da quando c’è stata la scissione. Faranno le scelte che riterranno più giuste.

di Antonello Sette (SprayNews)