“HABEAS CORPUS”

DI MARIO PIAZZA
Oltre 900 pagine di illazioni, congetture, supposizioni e insinuazioni per dare corpo alla sentenza più mostruosamente politica dai tempi di Pietro Valpreda. La conferma di un teorema accusatorio organizzato dalla macchina razzista di un ex-ministro degli Interni che avrebbe fatto la sua porca figura nel Gran Consiglio del Fascismo e nel Reichstag di Adolf Hitler.
Per smontare l’architettura del processo che ha condannato non solo Mimmo Lucano a una pena abnorme ma tutti noi all’ignominia di essere silenziosamente appartenuti a un paese che di giustizia, umanità, solidarietà e decenza ha fatto scempio non servivano 900 pagine, sarebbe bastata l’indagine patrimoniale sull’imputato che né ieri possedeva né oggi possiede il becco di un quattrino.
Irregolarità amministrative quante ne vogliamo e anche qualche furbata a fin di bene, ma 13 anni e 2 mesi di carcere erogati a chi portava avanti un progetto di integrazione preso ad esempio in tutto il mondo sono una vergogna che nessuna assoluzione o riduzione della pena in appello potrà cancellare.
Le sentenze vanno rispettate, si dice. Ma nemmeno per l’anticamera del cervello, questa sentenza non è da rispettare, così come non lo era quella che mezzo secolo fa rinchiuse in carcere il ballerino anarchico per oltre quattro anni.