LA STORIA DI YARA DIVENTA UN FILM

DI ANGELA AMENDOLA

È stato uno dei casi di cronaca nera che ha sconvolto l’Italia, mi riferisco al caso di Yara Gambirasio che ancora oggi presenta dei misteri. Da domani 5 novembre, su Netflix, sarà disponibile il film” Yara”, dedicato a questa brutta storia.

Yara Gambirasio, una ragazzina di tredici anni, scomparsa il 26 novembre 2010 fu ritrovata senza vita dopo tre mesi di ricerche. Questo sconvolse il piccolo centro della bergamasca Brembate di Sopra, e l’ Italia intera. Gli investigatori fecero molti sforzi per scoprire l’identità dell’assassino. Anche perché per arrivare a condannare all’ergastolo il muratore di Mapello, Massimo Bossetti , che ancora oggi si proclama “non colpevole”, fu usata una procedura, che ha fatto storia. Si fece lo screening di massa, raccogliendo migliaia di campioni da cui fu estratto un DNA. Tutto per vedere se coincidesse con quello del famoso DNA di “Ignoto 1”, che era stato ricavato dagli indumenti della vittima.Fu fatta la più grande indagine genetica mai fatta e non solo nel nostro paese, ma in tutta Europa.

Al centro della trama di “Yara”, c’è l’ossessione del PM Letizia Ruggeri, di trovare e arrestare a tutti i costi un colpevole. Con l’aiuto di un Colonnello dei Carabinieri mette tutta sé stessa, arrivando a isolarsi, a scontrarsi con i suoi colleghi oltre che a confrontarsi con la paura di ogni genitore,la sparizione è la morte di un figlio. Il film è un thriller.

Nel caso della morte di Yara Gambirasio, sono molti i dubbi che, aleggiano sulla reale colpevolezza di Massimo Bossetti.In particolare ci sarebbero numerose prove a sostegno che la ragazzina sia morta in palestra.

La storia di Yara Gambirasio, inizia il 26 novembre del 2010, quando la tredicenne che viveva con la famiglia nel piccolo Paese di Brembate di Sopra, sparisce nel nulla. Come ogni giorno , alle 17.30 Yara si reca in palestra per gli allenamenti di ginnastica ritmica.
E lì è rimasta fino alle 18.40.

Per conoscere i suoi spostamenti gli inquirenti hanno controllato il suo telefono cellulare. L’ultima informazione risale alle ore 18.55, quando il telefono di Yara si aggancia alla cella di via Ruggeri, Brembate di sopra.

Il corpo di Yara Gambirasio viene ritrovato il 26 febbraio nel 2011, a tre mesi di distanza dalla scomparsa. Il cadavere della ragazza viene ritrovato casualmente da un aeromodellista che si trovava in un campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri di distanza da Brembate.

Il corpo presenta contusioni, traumi e ferite. Appare subito evidente un trauma cranico. Sul corpo della giovane ci sono anche ferite da arma da taglio. Una delle ipotesi è che la ragazza non sia morta subito ma sia deceduta a causa del freddo.

Una svolta nell’indagine sulla morte di Yara arriva quando le forze dell’ordine arrestano Massimo Giuseppe Bossetti, muratore di Mapello. Il sangue del 44enne sarebbe compatibile con quello che gli inquirenti hanno trovato sugli indumenti della ragazza e hanno etichettato come come Ignoto 1. Per gli inquirenti Bossetti potrebbe essere proprio lui Ignoto 1.

Nel febbraio 2015 la Procura di Bergamo chiude le indagini e indica Bossetti come unico colpevole dell’omicidio di Yara. E per questo, nonostante la difesa abbia contestato la prova madre, quella del DNA, ne chiede il rinvio a giudizio.
Bossetti va a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato.
Nel 2016 la corte d’Assise condanna Bossetti all’ergastolo per l’uccisione di Yara Gambirasio. La difesa presenta ricorso.

Il 30 giugno 2017 si apre il processo d’Appello. Avvalendosi di una foto satellitare, la difesa avanza la tesi che il corpo della ragazza sarebbe stato spostato e che il DNA sarebbe stato depositato dopo l’omicidio. La Corte d’Appello confermerà l’ergastolo. Ma le amiche di Yara da sempre sostengono che non hanno mai visto Bossetti né in palestra né fuori dall’edificio.

Anche la sorella di Yara, Keba, in tribunale ha detto. “Non ho mai visto Bossetti, né attorno alla palestra, né vicino a casa”.

Il fratellino della vittima ha detto che “Yara aveva paura del signore con la barbetta”.

Gli inquirenti hanno trovato giusto ricondurre la frase del bambino a Massimo Bossetti, perché, all’epoca dei fatti portava un pizzetto biondo.

Ma il caso non si chiude. Nel novembre del 2019 la corte d’assise di Bergamo autorizza la difesa di Bassetti a riesaminare i reperti, inclusa la prova madre, la traccia di DNA. Nel 2021 vengono respinte dalla Corte d’Assise tutte le istanze presentate dai legali di Bossetti.

Per i giudici, l’omicidio di Yara nasce in un “contesto a sfondo sessuale“.
Il caso di Yara viene portato alla ribalta anche da Roberto Saviano nel 2013. Il noto scrittore, ipotizza un legame tra la morte di Yara e la criminalità organizzata. Saviano ricostruisce che il padre della ragazza lavorava per un’ impresa amministrata dal figlio di un noto imprenditore che si pensava fosse coinvolto nel traffico di sostanze stupefacenti. Saviano, che ricorda che il padre di Yara aveva testimoniato contro la famiglia Locatelli, ipotizza che la morte di Yara possa essere una vendetta. Ma Saviano fu accusato di diffamazione .
A distanza di tre anni Saviano rilancia la sua ipotesi ricordando come l’impresa avesse un appalto nel cantiere di Mapello, dove i cani molecolari hanno collocato Yara. E se Bossetti, come anche io credo, non sia colpevole? Perché non riaprire il caso nuovamente e indagare a 360 gradi?