VANESSA ZAPPALA’, IL GIUDICE CHE LIBERÒ IL KILLER HA SBAGLIATO?

DI CLAUDIA SABA

“Non mi sento di contestare alcuna colpa al collega, ha agito secondo legge: nel fascicolo c’erano anche elementi contrastanti di cui ha tenuto conto, come un primo riavvicinamento tra i due. E anche se lui fosse stato agli arresti domiciliari sarebbe potuto evadere e commettere lo stesso il delitto”.
Il presidente dell’ufficio del Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, è intervenuto così sulle tante polemiche sorte dopo la scarcerazione di Antonio Sciuto, l’uomo che qualche giorno fa
ha ucciso con sette colpi di pistola alla testa la sua ex fidanzata, Vanessa Zappalà, e poi si è impiccato.
L’omicidio di Vanessa si sarebbe potuto evitare.
Ma “nel fascicolo c’erano elementi contrastanti come un primo riavvicinamento tra i due”.
Come può un giudice non essere informato che molti “avvicinamenti” avvengono spesso per paura?
È proprio questo il punto.
Il “non sapere”.
Ancora oggi, certi meccanismi psicologici che si innescano con la violenza vengono ignorati.
Primo tra tutti la paura.
Che spesso spinge la donna a tornare sui suoi passi.
Chi è tenuto ad applicare la legge e non lo fa appieno, sa che potrebbe segnare il destino di una donna, vittima di violenza?
Le norme esistono, come pure gli strumenti.
Quello che manca sono la competenza e la formazione di chi deve occuparsi di violenza di genere.
E fino a quando si continuerà a sottovalutare la pericolosità di un soggetto violento, le donne continueranno a morire.
Come Vanessa.