ABBRACCIATO DA UN VIAGGIO BREVE

DI LIDIANO GRASSUCCI

Viaggio solo in auto, un viaggio corto. Pochi minuti. Ma in auto sotto il sole e con strade allargate dalla calura dal vetro davanti vedi la prospettiva di dove sarai ma senti anche la spinta di dove vieni, Vado in viaggio verso un ritorno, quindi la spinta dietro è andare da dove vengo. L’aria condizionata arranca, l’aria di fuori è quella di un formo ventilato. Di solito il viaggio è riempito da telefonate e chiacchiere che si sovrappongono e non ho respiro, ma ora è agosto annunciato e il mondo è andato via. Non mi chiama nessuno, ed io ricambio la cortesia, neanche scrivo, niente sono costretto alla mia insorgenza, alla mia compagnia, alla mia… ogni punto di questa via ha dentro una fotografia della vita mia e il viaggio è un album di cose mie: qui, esattamente qui, sono andato nel fosso con la mia auto che non è questa, una botta forte, poi un vuoto di ricordo e poi ripartire con quel che resta. Ecco qui, qui quella volta lei era bellissima e vincendo il mio inesperto pudore mi prese la mano e mi fece sentire la poesia che fa la pelle alla rima della carezza con sapienza guidata. Qui, esattamente qui, mio padre mi disse che era grande e potevo dire che avevo bevuto per diventare un illuso e sarebbe stata una vita non sprecata. Io e lui nel viaggio, io è lui viaggianti muti ma dentro ogni sorso di prima voleva parlare. Poi il posto dove… dove ebbi il coraggio di dire a chi mi aveva scelto che l’avevo scelta io e temevo anche mi dicesse altrimenti. Poi qui l’amico mi confessò che aveva incontrato una stella ma non era del suo cielo ed io esperto di niente suggerii: vola che nessuno ti riprende. Poi.. ecco il punto esatto, preciso, stampato, segnato qui mi dissero che si poteva morire dicendomi che andavo a trovare mio nonno, ma non lo avrei trovato il luiiì, ma visto solo quel che restava e la vita era avanzata. Si, mi dissero, che era esattamente lui, ma gli mancava la vita, e lui era la vita mia.

Inghiotto quello che non ho, poi dici perché non stati dentro la tua vita… è così affollata. Poi ti chiedono “torna”, ma come faccio se non ho il coraggio di dire che esiste una fine ad ogni giro di giostra e se giri in eterno nulla è più bello ma tutto tremendamente ossessivo.

Viaggio, viaggio, la strada mi pare più larga le auto sono più pulite, ma la mia testa resta sporca.

Finisce il viaggio, e non mi sono spostato che di uno sputo. Mi dicono “fermati, fermati”. Due donne si avvicinano e mi dicano “tu ci hai fatto ridere da piccole, ci hai fatto mangiare le verdure e tutto il pollo, loro sono le nostre figlie”. Le ragazze sorridono e mi raccontano la mia storia piccola, piccola, insignificante ma con cui loro sono diventate grandi. Mi imbarazzo, vorrei cancellarmi. Hanno gli occhi delle madri quando erano bambine, tale e quali. E mi dicono grazie con gli occhi.

Quante vite in questa vita mia, quante facce, cose incontri, rumori e canti. Dio sa quanto volevo fuggire per restare. Donne che ho sfiorato mi sfiorano facendo di me ricordo nel mio ricordare. E suona un nome così stonato che qui invece prova a cantare e per poco lo fa.

Bisogna saper andare via, scappo da sempre alla mia liturgia. Gli amici mi prendono, io prendo la parola di chi ha più dolore, e ci salutiamo come se domani saremo qui, ma non  è vero.

Dio mio mi hanno abbracciato, un signore che ormai scrive sta roba qui e pensare che voleva cambiare il mondo ridendo.

“Vola, vola farfallina… ammo a Lillo”