RICORDANDO RITA, SUICIDA 7 GIORNI DOPO L’ATTENTATO A BORSELLINO

DI REDAZIONE

Rita Atria nel 1992 aveva 17 anni e una vita sconvolta dalla mafia.

Seguendo l’esempio della cognata Piera Aiello era diventata una delle primissime testimoni di giustizia, fidandosi del giudice Paolo Borsellino.

La sua morte il 19 luglio ha probabilmente avuto su di lei un effetto devastante. 7 giorni dopo la strage di via D’Amelio infatti, Rita si tolse la vita, lanciandosi dalla finestra dell’appartamento in cui viveva segretamente.

Grazie a lei il team di Borsellino aveva potuto acquisire molte informazioni utili per contrastare i mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala.

Come testimone di giustizia è stata importante e decisiva. Ma Rita non ha retto tutto quell’orrore, quella paura. «Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.

Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta». Questo il biglietto che ha lasciato, prima di morire.

Ricordarla oggi significa ricordare che la mafia uccide anche così, con la paura, con la solitudine di chi sceglie di collaborare.

La morte di Rita è un fallimento per lo Stato, e ci impone di riflettere su come le Istituzioni debbano sostenere le vittime e stare loro accanto, per non farle sentire sole, soprattutto nelle ore più buie.

Stefania Ascari