QUANDO IL VACCINO NON BASTA. IL CASO CILENO

DI ALBERTO TAROZZI

Nell’analisi di lab24 del sole 24ore.
“Qualche considerazione oggi usando i dati del Cile, Paese tra i primi al mondo per vaccinazioni effettuate: alla sera del 14 giugno il 62% della popolazione protetta con almeno una dose e il 48% con dose doppia (in Italia 48% con almeno una dose e 24% con dose doppia).

Eppure, nonostante i vaccini, i nuovi casi nel Paese sudamericano sono tornati a crescere: costringendo le autorità a imporre un lockdown nella capitale Santiago del Cile, dove risiedono 5,6 milioni di persone su un totale di 19 milioni. In rapporto alla popolazione i 6.826 casi di media giornaliera (settimana 8-14 giugno) corrispondono a 21.555 in Italia: un valore registrato a metà marzo 2020, nel pieno dell’ultima ondata epidemica.

Per poter confrontare correttamente i due Paesi, e capire cosa potrebbe accadere in Italia, dobbiamo innanzitutto considerare le diverse varianti virali: in Cile prevale la gamma (ex brasiliana) in Italia le preoccupazioni sono legate a una possibile futura espansione di quella delta (ex indiana). Diverse, ma entrambe con una capacità diffusionale del 40% circa superiore alla variante alfa (ex inglese).

Secondo aspetto, la quota di popolazione che ha completato il ciclo vaccinale: sappiamo che, contro la variante delta, la dose singola di vaccino ha un’efficacia limitata al 33%, mentre sale all’80% con il completamento del ciclo vaccinale. Per trovare corrispondenza al nostro attuale 24% di popolazione protetta con doppia dose dobbiamo tornare, in Cile, al 9 aprile scorso: in quel momento la media giornaliera dei nuovi casi era di 6.991 (settimana 2-9 giugno;, ma si sarebbe ridotta un mese più tardi (settimana 2-9 giugno) a quota 5.221 (in Italia sarebbero 16.487) per poi risalire rapidamente.

Per spiegare il rialzo dei casi nonostante la campagna vaccinale l’attenzione si è concentrata su tre aspetti: la scarsa efficacia del vaccino cinese Sinovac, utilizzato in modo prevalente (79,5%) rispetto a quello Pfizer-BioNtech (18,0%); gli allentamenti precoci delle restrizioni; la riapertura delle frontiere.

Partiamo dal vaccino Sinovac: le autorità sanitarie cilene hanno rilevato, dopo la seconda dose, un’efficacia del 67% contro il rischio di infezione, dell’85% contro il rischio di ricovero e dell’80% contro il rischio di morte. Risultati inferiori rispetto ai vaccini in uso in Italia (rispettivamente 80%; 90% e 95%). Se passiamo agli allentamenti e alla ripresa della circolazione delle persone, invece, replichiamo con buona approssimazione la situazione cilena: rapido ritorno alle zone bianche e 35 milioni di turisti attesi dall’estero nei mesi estivi.

Sul Cile, tuttavia, proponiamo una quarta chiave di lettura: la stagionalità del virus (ne abbiamo parlato più volte). Se osserviamo la curva del contagio nel lungo periodo vediamo come i primi segnali di rialzo siano stati registrati a fine febbraio, con una successiva accelerazione nel mese di marzo: quando, nell’emisfero australe, inizia l’autunno (20 marzo) mentre oggi siamo a 4 giorni dall’inizio dell’inverno (20 giugno).

La fase di forte espansione “nonostante i vaccini” coincide con il periodo epidemico preferenziale del Sars-CoV-2, dopo una pausa con un numero limitato di casi (range 1.300-1.500) a cavallo tra fine primavera e inizio estate. Una dinamica identica a quella italiana del 2020,e finora del 2021 (vedremo cosa accadrà a fine estate).

Il virus in Cile ha due obiettivi primari: i non vaccinati e i vaccinati con dose singola. Due target che in Italia, al momento, rappresentano rispettivamente il 51,5% e il 65,6% della popolazione. Le motivazioni per una rapidissima protezione di massa con doppia dose, prima dell’autunno, sono tutte nei numeri che abbiamo appena visto. (M.T.I.)”