IL MONDO DEL LAVORO OGGI, IN CERTI “AMBIENTI”

DI VINCENZO G. PALIOTTI

Un albergatore di Pietrasanta in cerca di personale scrive: “se a qualcuno questa estate viene in mente di venirla a menare con domande alla carlona del tipo: quanto si lavora? Quanto mi dai? Qual è il giorno libero? Gli suggerisco di non presentarsi neanche. Siamo in emergenza, se pensate di avere e pretendere come non fosse successo nulla, datevi all’ippica”.

E’ chiaro il perché costui non trova personale, e non ne troverà visti i toni, arroganti e certamente non professionali che egli si permette di usare. Ma già, lui è il “padrone”, lui paga, poco ma paga e quindi giustamente, per lui, pretende. A parte il “compenso”, ci possiamo immaginare l’aria tira in quell’ambientino, sia per chi si piega ed accetta, ma anche per chi vi ha deciso di trascorrere le sue vacanze.

Ma questo vale anche per tutti gli altri che si lamentano della mancanza di personale, se questo è quanto li aspetta non vedo perché si dovrebbero mettere sotto “schiavitù”. A parte il fatto che la “prassi” non è quella che descrive lui, ovvero non è mai il dipendente a chiedere le cose che lui elenca, le cose vanno diversamente, almeno ai miei tempi era così.  E’, di solito chi assume ad illustrare al candidato le condizioni: “paga, orari di lavoro, giorni di riposo che sono conseguenti alle ore settimanali di lavoro, abitudini della casa, richiesta di documentazioni di legge, termini del rapporto di lavoro”, a volte si richiedono referenze, titolo di studio. Ma questi per lui, e per tutti quelli come lui, sono dettagli da trascurare. A lui interessano due braccia e basta.

Tutto questo alla faccia e in disprezzo delle tante scuole Alberghiere che insegnano questo mestiere. In disprezzo dei tanti giovani che ci credono, che scelgono questa via sognando di mettere in opera quanto hanno imparato, con soddisfazione morale e materiale e che poi però si trovano ad affrontare realtà del tutto diverse, come questa.

E la colpa di tutto ciò è di chi, abbassando le tutele ai lavoratori, ha dato fiato a chi considera il lavoratore solo un costo e non una risorsa, una sorta di parassita che pensa solo al danaro, ma in effetti e per come si porge questo “albergatore” pare che sia lui l’unico a pensare a ciò mentre lui pare sia la sola “vittima”, in questo caso della pandemia e del reddito di cittadinanza, suo maggiore e “diretto competitor” nella ricerca di personale.

Infine, credo che non si possa ritenere albergatore un individuo del genere, sarebbe un’offesa a chi svolge questa attività in modo più consono a questo tipo di lavoro che richiede anzitutto il rispetto dei dipendenti, di chi cioè consente il funzionamento della “macchina” e del benessere che questa produce.

Ci possiamo immaginare, in tutto questo e con le condizioni che NON richiede certa imprenditoria, l’atmosfera nella quale si svolge questa attività dove il fattore umano è determinante, atmosfera che pregiudica di certo la “soddisfazione” dell’ospite dell’albergo, ma forse neppure di questo si preoccupa l’albergatore in questione e quelli come lui, l’importante è incassare.

Scriveva James William Marriott nel suo “The spirit to serve”: “se rispetti il tuo personale rispetti anche l’ospite”, ma stiamo parlando di un altro mondo.