VICOLI DI ROMA, MANI E ULIVO

DI LIDANO GRASSUCCI
Caldo, caldo e caldo che il vento poi ti “fredda” un poco e saluta con la mano. Due ragazzi si tengono per mano, complice una Roma cosi usa ai baci degli amori da essere amata.
Corrono con occhi alla altezza delle madonne agli angoli di palazzi così grandi che paiono far rimbombare anche quell’amore di chissà quale angolo di mondo.
Caldo, caldo e caldo che il vento ti fredda, lei si copre poi si copre, lui le racconta di lontano e di questo viaggio che è il cammino.
Si stringono la mano, dita che si incrociano si innevano fanno di due come una mano sola e sfidano il viaggio. La gente guarda, io li racconto per impressione e sorrido.
Paiono essere sfidanti non del mondo ma del loro amore, la madonnina li guarda con la faccia leggermente spostata di lato.
Sono come bambini che corrono sul prato a piedi nudi, poi lei si ferma e pare prendersi un bacio, come facevano le bimbe che strappavano la margherita la porgevano al bimbo che si faceva rosso e le baciava la guancia, scappando subito via con la margherita nella mano.
Parlano lingue di ogni angolo di mondo qui che i muri coprono tutti in latino e i greci sono dimenticati.
In quelle due mani che si stringono c’è ogni ulivo attaccato alla roccia di questo Mediterraneo, c’è la purezza dell’amare di Antonio la grandezza di Cleopatra.
Mani che si intrecciano, ulivo e roccia. La gente si meraviglia e sorride, loro, incuranti, guardano lontano. Si amano per loro stessi senza rete, senza conto terzi. Due ragazzi.
Nella foto: Renato Guttuso, I tetti di Roma