TRENT’ANNI FA LO SCUDETTO ALLA SAMPDORIA L’ULTIMO “ROMANTICO”

DI MARINO BARTOLETTI

Il 19 maggio del 1991 è stato un giorno storico per il calcio italiano. Il giorno in cui Davide si ribellò per l’ultima volta a Golia. Anche se poi Golia se la legò al dito. L’ultima volta in cui una città non certo provinciale (perché parliamo di una Regina dei Mari, con tutto quello che la cosa ha comportato), ma certamente emarginata dal grande giro, sfidò e batté il triangolo del potere politico-calcistico, Roma-Milano-Torino.

E fu una festa bellissima! Anche per me che la raccontai in tv. Così come l’anno prima avevo raccontato sul Guerin Sportivo la storica e premonitrice conquista della Coppa delle Coppe, inventando la definizione “Sampdoro”!

Non ho mai nascosto il mio affetto per Paolo Mantovani (e spesso ho rammentato le sue indimenticabili dimostrazioni di burbera e solida amicizia nei miei confronti). A maggior ragione non scivolo nella tentazione di scrivere che quello che allestì fu un “miracolo”: perché i miracoli li manda il cielo, mentre tutto ciò che ottenne lui lo costruì pezzo su pezzo con le sue manie col suo cuore. E non è detto che non meritasse di più.

La Sampdoria – lo dico per i giovani – fu il nostro Leicester. Ma il Leicester non è mai andato in finale in una Coppa dei Campioni (perduta oltretutto con molta sfortuna): né hai mai vinto quello che i ragazzi di Boskov hanno vinto in Europa, oltre che in Italia. Mantovani assemblò quella squadra – questo sì – con un amore artigianale: passo su passo, tassello su tassello, con meravigliosa e accorta complementarietà. Ma nemmeno risparmiando tanto, perché Vialli e Mancini non li trovò sotto un cavolo: li contese anche tenacemente (e scaltramente) alle superpotenze.

Il resto lo fecero la sua fantasia, la sua creatività e la sua intelligenza. E il rispetto che seminò!

Altri tempi? Può essere. Ma erano comunque i tempi del Milan già di Berlusconi (e di Sacchi e degli olandesi); dell’Inter dei tedeschi e di mezza nazionale italiana (con Trap in panchina); del leggendario Napoli di Maradona (e non solo); e ovviamente anche della Juve sempre ambiziosa e potente, anche se presa in contropiede dalla crescita collettiva esponenziale del nostro movimento calcistico (che comunque l’anno prima dello scudetto della Samp aveva pur sempre vinto la Coppa Uefa, battendo in finale la Fiorentina di Roberto Baggio). Dunque non esattamente “altri tempi”. Forse altri uomini!

La sera della vittoria-scudetto col Lecce “Pressing”, che io conducevo, si collegò con Genova per la grande festa. Il Presidente Mantovani era venuto in studio da me due settimane prima, nella domenica di Inter-Samp, sfidando ogni scaramanzia (accettò persino di posare uno scudetto sulla maglia che gli preparai). Nella notte dolce e bellissima del trionfo gli “feci” trovare due sampdoriani che amava: Bruno Lauzi e Paolo Villaggio.

Fu una notte di poesia e di allegria. L’ultima così!