ADDIO A MILVA LA ROSSA

 

DI MARINO BARTOLETTI

Raramente (forse mai) una cantante di origini musicali “popolari” aveva raggiunto livelli artistici così alti di classe e di cultura.

Mi dispiace che le ultime generazioni non l’abbiano apprezzata come avrebbe meritato. Ha dato del “tu” a Brecht, diventandone quasi una musa. E’ passata da Strehler alla “Filanda”, dall’Olympia a Sanremo senza mai rinnegare il suo percorso: men che meno le sue passioni. Del Festival detiene ancora il record di partecipazioni, anche se non è mai riuscita a vincerlo (un secondo e quattro terzi posti). L’ultima volta che vi ha cantato in gara lo fece con una canzone pazzesca di Giorgio Faletti (“The show must go on”) che purtroppo passò inosservata.

Per fortuna che proprio Sanremo ha fatto in tempo ad omaggiarla con un commosso premio alla carriera ritirato da sua figlia Martina. Dalla bambagia del suo oblio Milva volle che venisse letto questo messaggio: “Gli artisti spazzano via la polvere dalla vita degli uomini ma perché questo accada l’arte deve essere continua ricerca. Bisogna studiare, attingere dal passato e modellare il sentimento, le emozioni e il gusto del presente”.

Nella parte più importante della sua carriera è stata più apprezzata in Francia e in Germania che non in Italia. Amava il tedesco, lingua in cui cantava e recitava perfettamente. Il cavallo di battaglia che preferiva era: “Keine Stunde, tut mir Leid”. Non rimpiango neanche un’ora.

Se n’è andata in silenzio: fiera, come sempre!