IL SILENZIO PARLA PIÙ DELLE PAROLE

DI ANTONIO DRAGONETTO

Una settimana molto particolare, almeno in Italia, sommersi da maree di parole. Maree di parole per la musica e l’evento di Sanremo, maree di parole per commentare l’assenza di parole a livello ufficiale governativo, maree di parole su alcune nomine, maree di parole su certe consulenze, maree di parole per negare oggi ciò che si affermava, urlando, ieri.
La nostra caratteristica distintiva tra i viventi, il linguaggio, si trasforma in un attimo, da nostra caratteristica “alta” a melma fangosa maleodorante. La lettura di molti commenti sui social, evidenzia reazioni d’odio, ironie incongrue, pensieri francamente paranoidi che una volta ti aspettavi solo in un ambulatorio di un CSM. Commenti con un tono positivo vengono irrisi, commenti critici verso qualsiasi cosa scatenano una tempesta ulteriore d’odio e ironia feroce.
Smetto di leggere questi brandelli di umanità malata e alterata, per non perdere fiducia nel linguaggio, che va riscoperto, coltivato, nutrito, come un fiore delicato,
Le parole, insieme ai colori delle immagini, sono l’unica possibilità di dare corpo, voce, realtà all’immaginario, ai movimenti più umani della mente, “la capacità di immaginare”.
Allora, silenzio, per essere ombra e colori, per recuperare quei lineamenti distesi, prima che ci sia linguaggio. E poi lettura di “frasi vere”, poesia, distillato ed essenza unica d’umanità.

“E possa essere il cielo
Il nostro modo d’essere,
Con ombra e colori
Che si lacerano

Ma nella fretta stessa
Della nube
Hanno viso di bimbo
Appena nato,

Folgore che dorme ancora,
I lineamenti distesi,
Sorridente come prima
Che vi sia linguaggio”
(Yves Bonnefoy, Le assi curve)