DINO BUZZATI, 49 ANNI DOPO PIÙ CHE MAI ATTUALE

DI UMBERTO SINISCALCHI

“Nominato ufficiale, Giovanni Drogo fu assegnato alla fortezza Bastiani”.
Ottobre 1971. Un ragazzino di prima media, 10 anni, doveva scegliere un libro e farne una relazione. Gli capitò per caso, cercando nella biblioteca di famiglia, “Il deserto dei Tartari”, del 1940, secondo romanzo di Dino Buzzati, giornalista e scrittore milanese, classe 1906.
Non so perché, quella storia surreale, di attese e speranze, di angoscia e rinuncia, tra Kafka e Poe, mi prese subito. E Buzzati non l’ho più lasciato. Gli articoli sul “Corriere”, dallo sport alla cronaca alla musica classica, i “60 racconti” (premio Strega 1957, quando i premi li vincevano gli scrittori veri), lo struggente “Un amore”, che all’epoca fece scandalo perché narrava l’innamoramento, la gelosia che sfociava in follia di un maturo signore per una prostituta minorenne.
Sembra che Buzzati abbia scritto poco, ma non è così.
Spesso rileggo racconti come “Lo sciopero dei telefoni”, l’illuminante “la bomba n”, dove si narra il passaggio di uno scienziato al nemico. Aveva inventato la “bomba n”, con il piccolo problema che non esisteva. E ancora, “Paura alla Scala” e “Settimo piano” (Tognazzi ci tirò fuori un film che poi diresse, “Il fischio al naso”), dove un paziente si ricovera in una strana clinica, dove chi stava bene stava in alto. Lui, giorno dopo giorno, malinteso dopo malinteso, si ritrova al primo piano e alla fine aspetta la morte quasi con gioia.
Un grande Buzzati. Oggi sono 49 anni che non c’è più e mai come oggi lo sento attuale
P.S. Anche “Il deserto dei Tartari” è diventato film, nel ’76, regia di Valerio Zurlini. Un cast d’eccezione: Gassman, Trintignant, Noiret, Jacques Perrin, Giuliano Gemma ed altri ancora. Bello, ma il libro è un’altra cosa