E’ ANDATA BENE, A RENZI NO

 

DI VINCENZO G. PALIOTTI

E’ stata una prova estenuante, ma comunque è andata come la maggioranza degli italiani chiedeva andasse. Due giorni di dibattito in Parlamento, uno spettacolo a volte poco edificante, si spera che i ragazzi siano stati tenuti lontano da tutto quello che abbiamo sentito e visto.

Hanno vinto quindi Conte e la sua squadra di governo con 156 voti a favore e 140 contrari. La differenza è data dall’astensione di Italia Viva e non pensiate che sia stato un ripensamento, un segno di distensione, no. Renzi ha voluto tenersi una porticina per rientrare, lui non fa nulla senza uno scopo, avendo compreso di avere fallito il bersaglio principale: Conte. Come dice saggiamente Bersani: “Renzi voleva fare una crisi pensando di mettersi a dirigere il traffico”. Salvo poi rendersi conto che i “cani intorno all’osso” erano tanti e non meno bramosi di “dirigere il traffico”, urbano e interurbano, tangenziali comprese con schiere ben più folte delle sue.

Riguardo ai numeri, ed è una mia opinione personale, non fanno testo rispetto ad altre situazioni simili che poi hanno visto l’esecutivo cadere alla prima occasione perché in questo caso non si può parlare di confronto tra forze politiche, le distanze minime che ci sono oggi c’erano già prima del voto e comunque si è andati avanti senza intoppi da un anno a questa parte.

Il confronto, la “disfida” è stata messa in scena da Renzi contro Conte, come fu con Salvini. Entrambi volevano la “testa” del premier, in più Renzi voleva spezzare l’asse PD, M5S, LeU per proporre altre alleanze, magari quel governo di larghe intese che aveva in mente già nel 2013, con il beneplacito di Napolitano.

Ma ancora una volta ha fallito perché, ancora una volta, si è fidato troppo di se stesso. Basta ricordare di quando era a Palazzo Chigi ed ogni provvedimento, ogni discussione, perfino il referendum, poi perso, lui li trasformava in una battaglia che faceva sua, il partito, la squadra di governo non c’entravano nulla, era lui contro tutti.

Fortunatamente per noi, non si è mai reso conto che la sua idiosincrasia verso il collettivo, il team, la squadra è divenuto il suo peggiore nemico. Lui ha il concetto del “deus ex machina”, il concetto del capo tribù, lui non si può abbassare a far parte di una squadra, lui è la squadra. Da qui la sua ostinazione verso ogni genere di confronto. Quando lui dice, riferito a Conte: “Si è arroccato” state pur certi che non è lui che parla ma il suo ego che si sente sminuito da un Conte “qualsiasi”.

Ora c’è da aspettarsi una “vendetta, tremenda vendetta” perché lui è così: rancoroso, invidioso e vendicativo, tutte “qualità” di famiglia. E, ancora c’è da aspettarsi che, passata la buriana costui ci riprovi, con i media dalla sua parte Repubblica in testa, attribuendo il “successo” di Conte alla sua astensione dal voto che farà passare per un atto di responsabilità e che invece è la porticina che si è riservato per potere ancora sperare di ottenere qualcosa, ah cosa ti può fare un Recovery Fund ma dovrà fare i conti con il Premier che, ha tempo per mantenere quando promesso pubblicamente e per trovare altre alleanze. Conte ha dimostrato che ci vuole ben altro che chiacchiere da bar, o da osteria per combattere con le solite armi della bugia, contando sulla disinformazione dei tanti. Staremo a vedere.