NETANYAHU A CACCIA DEL VOTO ARABO

di Luciano Assin

corrispondente da Israele

Mancano poco più di due mesi alle prossime elezioni, previste per il 23 marzo, e Natanyahu ha già individuato il suo prossimo serbatoio elettorale: il voto arabo. Come il più virtuoso degli acrobati Bibi ha effettuato un clamoroso salto mortale all’indietro per rivolgersi ad una fetta di elettorato da sempre poco valorizzata. Gli arabi israeliani rappresentano all’incirca il 20% della popolazione, e il premier israeliano ha in programma di raccogliere un numero di consensi sufficiente a conquistare almeno due dei 120 seggi della knesset attraverso il loro voto. Attualmente, secondo gli ultimi sondaggi, il partito di Netanyahu dovrebbe raccogliere 32 seggi, rimanendo così la formazione politica più numerosa e più forte del panorama politico israeliano.

Ma com’è possibile che il Likud possa raccogliere così tante preferenze in una fetta di elettorato che ha da sempre contrastato e osteggiato? La risposta è abbastanza comprensibile se si tiene conto che anche la minoranza araba non è un monolite ma è composta da diverse anime talvolta su posizioni politiche diametralmente opposte. Nelle ultime tornate elettorali, soprattutto per superare la soglia di sbarramento del 3,25%, i quattro tradizionali partiti arabi si sono coalizzati formando la Lista Unita, un successo politico senza precedenti visto che nelle ultime elezioni aveva raggiunto lo strabiliante risultato di  15 seggi, diventando così la terza forza politica del paese.

La lista unita è composta da quattro partiti, Bal’ad (laici e anti sionisti), Ra’am (fratelli musulmani), Ta’al (sinistra aperta anche all’elettorato ebraico) e Hadash (comunisti leninisti). E’ palese già da queste definizioni come sia quasi impossibile mettere insieme caratteri così diversi. Ed infatti la Lista Unita comincia a mostrare crepe che col tempo possono diventare irreparabili. Ci sono prese di posizioni apparentemente inconciliabili, come per esempio il rapporto verso la comunità LGBT, il livello di collaborazione con un governo sionista o se mantenere un’identità palestinese invece di inserirsi ancora di più nel contesto sociale-culturale israeliano.

Bibi, da esperto e navigato politico, ha deciso di puntare molto sulla variegata società araba facendo leva sulle inevitabili divisioni interne. Già il fatto stesso che un Premier israeliano, che ha sempre osteggiato la componente araba, cominci a flirtare in maniera spudorata con la stessa è un motivo sufficiente per poter convincere una parte dell’elettorato a seguirlo, sperando di trarne vantaggi politici. Il primo a dare cenni di cedimento è stato Mansour Abbas, rappresentante della lista islamica, che ha cominciato a sdoganare la politica di Netanyahu affermando che è lecito dialogare col governo se questo può portare a sensibili miglioramenti all’interno della società araba. Abbas è considerato un politico con posizioni di destra, assolutamente contrario alla comunità Gay.

La critica principale della minoranza araba nei confronti dei propri rappresentanti consiste nel fatto che a loro parere i deputati della Lista Unita, sono troppo sbilanciati nei riguardi del conflitto israelo-palestinese, penalizzando i loro problemi più reali, primo fra tutti la violenza. Per quanto possa sembrare a prima vista sorprendente all’interno del mondo arabo girano migliaia di armi da fuoco che vengono utilizzate per scopi criminali: rapine, estorsioni, omicidi e delitti d’onore. Una piaga che ultimamente ha assunto proporzioni impressionanti per gli standard israeliani. La minoranza araba è implicata nel 41% delle azioni criminali, l’82% degli omicidi, negli ultimi 6 anni il numero delle vittime è più che raddoppiato, passando dalle 51 del 2014 ai 113 del 2020.

Ed è proprio su questo tema che Netanyahu punta le sue carte. L’uomo che ha fatto di tutto per delegittimare una cospicua parte della popolazione del paese le sta facendo ora una corte serrata. In questa travagliata e a prima vista impossibile storia d’amore Bibi è un amante affascinante ma inaffidabile.

E quando c’è di mezzo l’amore, si sa, il raziocinio va a farsi benedire.

Luciano Assin l’altra Israele