CHISSÀ COSA RICORDERAI DI ME, DI NOI

DI MARCO PROIETTI MANCINI

Chissà, a volte mi domando. Chissà.
Chissà cosa ricorderai di me, quali saranno le immagini più vivide, quelle incancellabili che manterrai dentro di te.
Se sarà il ricordo della mia voce quando si fa aspra, dura, per urlare quei “no” che ti hanno fatto male, che te ne fanno ancora, chissà se la memoria manterrà il ricordo delle punizioni, dei castighi e dei divieti, degli orari da non infrangere, dei compiti da superare.

Non so, chissà.

Se magari invece ricorderai di certi momenti, certe mattine in cui siamo riusciti a stare vicini, a confidarci qualcosa. In cui avevi voglia di raccontarmi qualcuno dei tuoi sogni, mostrarmi qualcuna delle tue emozioni. Se ricorderai, io prego con tutto me stesso che sia così, dei momenti piccoli e semplici passati insieme, come quello di stamattina a un tavolino di un bar, due caffè e un fagottino al cioccolato, la tua sigaretta che fuma via e io che non ho nulla da criticare. Storie di cani da raccontarci. Chissà se ricorderai le notti in cui eri tanto piccola da voler dormire con questo padre grosso, ingombrante e rumoroso, che ti teneva compagnia con il suo russare, una mano a coprirti il fianco. A proteggerti anche nel sonno.
Chissà cosa ricorderai, di me, di noi due.

Se avrai il ricordo di un buon padre o di un padre assente. Mancante, cattivo. Se avrai nostalgia di me, di noi, o se la memoria di noi due svanirà presto, sostituita da altro, da altri, da vita più bella, più divertente. Dal futuro che cancella il passato.
Chissà se quando potrai, vorrai raccontare di me a qualcuno che non avrà il mio nome, ma forse avrà un pochino di me dentro. Un po’ del mio sangue, un po’ della mia pelle. Se ti chiederà di me e cosa gli dirai. Chissà.

Perché un padre teme un solo giudizio. Una sola condanna.
Quella dei suoi figli, di chiunque altro se ne frega. Non vale nulla.
E la condanna peggiore che un padre possa subire, è la cancellazione della memoria, sono i ricordi brutti. Ogni volta che sento qualcuno dire “mio padre? Meglio che non ne parli” è come uno schiaffo. Lo schiaffo della paura che tu possa dire lo stesso, un giorno, di me.

Chissà, forse non lo dirai. Forse risponderai, sorridendo, “mio padre? Gli ho voluto bene e lui ne ha voluto a me.”
Perché io te ne voglio. Spero che lo ricordi sempre, questo.
Infinitamente.

Chissà se sono stato capace e sono capace di fartelo capire. Chissà, se lo ricorderai. Dopo.